Salute Mentale: viaggio in un anno di pandemia
Un settore cardine della nostra attività, ma anche tra i più colpiti dagli effetti del propagarsi del Covid-19.
La propria comunità non può venir meno nel momento del bisogno, anzi, deve farsi più forte.
Con questa consapevolezza la nostra cooperativa ha affrontato le difficoltà emerse in questi anni di pandemia. In tutti i campi, compreso quello della Salute Mentale. Un settore cardine della nostra attività, ma anche tra i più colpiti dagli effetti del propagarsi del Covid-19.
Nonostante la pandemia sia ancora in corso, sentiamo il bisogno di fare un punto della situazione. Pensare a ciò che è stato fatto e accendere una luce su un settore, quello appunto della Salute Mentale, che ben rappresenta le difficoltà, ma anche le opportunità di crescita e comprensione delle diversità che possono emergere dai momenti di crisi.
La Cooperativa, nonostante la complessità della sua articolazione territoriale, la numerosità degli operatori , la pluralità dei fronti di servizio rimasti attivi ha dimostrato una straordinaria flessibilità rispetto alla tempestività delle risposte che si rendevano necessarie, giorno per giorno, e in modo spesso imprevedibile, grazie alla altrettanto straordinaria reattività dimostrata da tutti i comparti funzionali. E soprattutto nessun servizio è stato chiuso.
Cosa è successo
I nostri centri diurni si occupano di attività riabilitative per persone affette da patologie psichiatriche. Si tratta di un lavoro in presenza e la prima tentazione da parte delle Asl, all’affacciarsi del virus, è stata quella di sospenderlo e di sostituirlo con un lavoro a distanza, in un rapporto uno a uno educatore-paziente. «Questo ci ha fatto interrogare profondamente sul nostro lavoro educativo e sul nostro ruolo – racconta Paolo Casabianca che lavora al centro di salute mentale Fili e Colori di Firenze – Ben presto abbiamo compreso che il valore dei nostri percorsi non sta nella relazione individuale, ma nel senso di appartenenza generato dalla rete. Di questa rete fanno parte tutte le persone che “abitano” o frequentano il centro diurno: gli educatori e gli operatori, ma anche gli altri pazienti. È questa rete che genera nella persona il sentimento di appartenere a una comunità, in cui sentirsi ben accolta, al di là dei propri problemi». Abbiamo realizzato che il nostro lavoro, se isolato, non ha senso: non siamo nodi specialissimi della rete, ma ognuno di noi ne è una parte essenziale. E questo forse è proprio il vero senso della cooperazione».
«Questa consapevolezza – continua Casabianca – ci ha permesso di proporre ai nostri responsabili una diversa rimodulazione del lavoro durante il lockdown: abbiamo continuato a proporre attività di gruppo. Alcuni ospiti le svolgevano da casa, altri, quando è stato possibile, sono tornati a svolgerle nel centro, ma in ogni caso, dopo ne parlavamo insieme in un momento collettivo».
Il diritto alla salute, dunque, ma anche la inevitabile importanza di un confronto collettivo costante. Per questo sono state implementate le dotazioni informatiche delle strutture. Non solo. Abbiamo iniziato a formare i primi 50 operatori secondo il Mental Health Recovery Star. La Recovery Star è uno strumento elaborato da Triangle Consulting nel 2011 su mandato del Mental Health Providers Forum. È un metodo sviluppato da una ricerca-azione condotta con il coinvolgimento di operatori ed utenti di diversi servizi di salute mentale di area londinese, utilizzando metodi qualitativi e quantitativi. La sua finalità è quella di supportare l’utente ed il suo operatore di riferimento nella definizione, nel monitoraggio e nella valutazione dei percorsi di cura e riabilitazione basati sui principi delle pratiche orientate alla guaribilità. Non si tratta di una scala di valutazione tradizionale e non si pone neppure in alternativa ad altre tipologie di strumento metodologico: il razionale del suo utilizzo sta nello stimolare la partecipazione attiva e la responsabilizzazione degli utenti e della loro rete naturale nell’individuazione e nel raggiungimento di obiettivi nei piani di trattamento individualizzati. Il quadro teorico di riferimento della Recovery Star fa quindi riferimento alla coproduzione, all’empowerment, alla valorizzazione dell’esperienza vissuta in prima persona dagli utenti dei servizi e al ruolo di facilitazione degli operatori rispetto ad un percorso di cambiamento personale. Un metodo, dunque, che mira a instaurare un rapporto alla pari, in cui la conoscenza per esperienza vissuta sulla propria pelle dall’utente viene riconosciuta tanto quanto la conoscenza per teorie dell’operatore. Due facce della stessa medaglia che devono avere pari opportunità e valore.
Questo strumento metodologico è alla base dei progetti educativi del settore della Salute Mentale e alla fine del percorso vedrà formati ben 100 operatori su un totale di 201.
Una scelta che dice molto del nostro modo di lavorare.
Cosa abbiamo capito
Diritto alla salute, continuità del servizio, centralità del confronto, sinergia e collaborazione tra utente e operatore: questo è stato, ed è, il nostro modo di lavorare.
Ma la pandemia ci ha insegnato molto altro.
La Cooperativa è tra i promotori del Visiting DTC Legacoop a livello nazionale, un programma scientifico-professionale di accreditamento tra pari e di qualità gruppale-comunitaria per i servizi residenziali ed abitativi di Salute Mentale e per l’Età Evolutiva. Il 18 settembre si è tenuto il primo dei 4 seminari preparatori al V Forum nazionale del progetto Visiting Dtc di Legacoopsociali.
Il Forum Annuale del Progetto Visiting DTC 2022 è stato pensato come la tappa finale di un iter di riflessione e di confronto tra Servizi (Comunità Terapeutiche, Gruppi Appartamento e Appartamenti Supportati) che si ispirano al modello teorico-metodologico della Comunità Terapeutica Democratica e che da alcuni anni partecipano ad un complesso percorso di accreditamento scientifico-professionale tra pari, ovvero tra i diversi stakeholder coinvolti nella Salute Mentale (utenti, operatori, familiari e manager).
Il Forum Annuale, più precisamente, sarà sia una sintesi di un ciclo di n. 4 seminari tra settembre e dicembre 2021 (18.09 – 16.10 – 13.11 – 18.12); sia l’opportunità per costruire in maniera assembleare le successive annualità di lavoro del programma di accreditamento in questione.
Il titolo è emblematico: “DENTRO IL TRAUMA. Il trauma massivo della pandemia da COVID-19 e le Comunità Terapeutiche Democratiche”. «Quello che è emerso nei primi incontri – racconta David Pasqualetti, responsabile del settore di Salute Mentale, Dipendenze e Marginalità – è quanto il Covid- 19 abbia permesso a tutti di confrontarsi con la complessità. Per la prima volta nella storia recente il mondo intero ha sperimentato l’esclusione sociale che alcuni dei nostri utenti sono costretti a vivere da sempre. E questo di per sé ha squarciato un velo». Vedere quanto gli utenti si adattassero velocemente e con meno difficoltà alle restrizioni imposte durante il primo periodo della pandemia ha portato gli operatori a mettere ancora più al centro il confronto. «Nessuno è stato lasciato da solo e la vicinanza ha portato a un abbattimento delle gerarchie e a rafforzare la consapevolezza di quanto la diversità sia fondamentale». La vicinanza e la condivisione hanno fatto consolidare i rapporti, portando gli utenti a sviluppare un attaccamento più saldo alla comunità. «Un legame importante, che può portare a un’emancipazione più solida, ma anche a una maggior difficoltà nel distacco. Siamo stati bravi a tenere alto il livello libertario, mantenere i diritti delle persone, ma dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione. Specialmente ora. Perché adesso che il mondo si sta lentamente riaprendo, sta tornando la tensione sociale e non dobbiamo permettere che venga dimenticato quanto è diventato lampante nell’anno passato: la diversità è fondamentale nella crescita di ogni tipo di società».